Domenec Ruiz Devesa "EU enlargement must go hand in hand with structural reforms and political union"

09/09/2024
UEF in the Press
Italy, UEF

By: Sara bertolli e Simone Cantarini | EURACTIV Italia

TRANSLATION

The president of the Union of European Federalists (UEF), Domènec Miguel Ruiz Devesa, makes a clear statement on the issue of EU enlargement, stressing the importance of a process conditioned by structural reforms. In an interview with Euractiv on the sidelines of the 43rd edition of the Ventotene Training Seminar, organised by the Altiero Spinelli Institute for Federalist Studies, the former Spanish MEP from the Progressive Alliance of Socialists and Democrats (S&D) stressed that ‘enlargement cannot be unconditional. It must go hand in hand with the deepening of political union'. This view emphasises the need to reform the European Treaties and to overcome current limitations, such as the unanimity rule, to ensure a more effective and cohesive Union in view of future challenges.

What is the position of the Union of European Federalists (UEF) on the prospect of EU enlargement?

We are absolutely in favour of enlargement. Europe offers opportunities to peoples and to everyone, therefore, no country can be excluded. That said, enlargement cannot be unconditional. It must be an enlargement that goes hand in hand with the deepening of political union, because otherwise it is not possible (to move forward), for example with the unanimity rule in the Council. Very clearly, we cannot have a European Parliament with static powers, with such an enlargement, a Parliament that still cannot approve taxes to finance the EU budget or that cannot decide on debt issues, now that we have created the European debt. So enlargement yes, but also deepening, that means a federal reform of the treaties.

In the wake of the proposed reform of the Treaties already launched by Parliament, is there a prospect for the new legislature to relaunch the work that has been done by the Constitutional Affairs Committee?

The work has been done, therefore, Parliament does not have to make another report. Instead, a Parliament resolution calling on the European Council to respond to the proposal made by the Eurochamber almost a year ago, in November last year, would be useful. This (step) must be taken because the European Council cannot refuse to take into account the proposal of the EU Parliament.

Is there indeed this window of opportunity to recall the Council with the majorities that will be created also in the perspective of a Franco-German leadership crisis? Is there a solid enough majority in Parliament with which to lobby on this front?

I would say yes, because it is true that we have a Parliament that is more to the right than the previous one - with a strengthening of the extreme right - although fortunately not enough to become a majority, not even to become a blocking minority. At the same time, the European People's Party (EPP), which is a pro-European force, has also strengthened. The same majority that gave rise to the re-election of President von der Leyen, made up of Populars, Socialists, Liberals and Greens, is the same majority that must be able to recall the European Council. Moreover, it is a position of the European Parliament that does not expire with the new Eurochamber.

What are the prospects for action of the UEF in this new legislature?

We have made many initiatives - I think useful - to call the European Commission to support us, because until now the European Commission had been somewhat ambiguous on the issue of treaty reform and now it has become a political priority.

The EU Commission had so far not been clear about the idea of treaty reform. Since some political groups, such as the Liberals, have made it a condition of support for the new Commission that it support the reform proposed by the Parliament - or at least show willingness - this issue has therefore been included as part of the new Commission's ‘policy priorities’.

The battle with the European Council still remains. We have already sent two letters to Charles Michel (President of the European Council) who replied ‘yes, don't forget, we started the discussion as part of the European Council's strategic agenda’. This is fine, but we have to put it on the agenda for a decision.

As UEF we should now look to the new President of the European Council, Antonio Costa, to relaunch this issue in a few months' time.


ORIGINAL VERSION

Il presidente dell’Unione dei federalisti europei (UEF), Domènec Miguel Ruiz Devesa, si esprime con chiarezza sulla questione dell’allargamento dell’Unione europea, sottolineando l’importanza di un processo condizionato da riforme strutturali. In un’intervista rilasciata ad Euractiv a margine della 43esima edizione del Seminario di formazione di Ventotene, organizzato dall‘Istituto di Studi Federalisti Altiero Spinelli, l’ex europarlamentare spagnolo dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici (S&D), ha sottolineato che “l’allargamento non può essere incondizionato. Deve andare di pari passo con l’approfondimento dell’unione politica”. Questa visione mette in evidenza la necessità di riformare i Trattati europei e di superare le attuali limitazioni, come la regola dell’unanimità, per garantire un’Unione più efficace e coesa in vista delle sfide future.

Qual è la posizione dell’Unione dei Federalisti Europei (UEF) sulla prospettiva dell’allargamento dell’Unione europea?

Noi siamo assolutamente favorevoli all’allargamento. L’Europa offre opportunità ai popoli e a tutti, quindi, non si può escludere nessun Paese. Detto questo, l’allargamento non può essere incondizionato. Deve essere un allargamento che vada di pari passo con l’approfondimento dell’unione politica, perché altrimenti non è possibile (andare avanti), per esempio con la regola dell’unanimità nel Consiglio. Molto chiaramente, non possiamo avere un Parlamento europeo con poteri statici, con un allargamento così grande, un Parlamento che ancora non può approvare le tasse per finanziare il bilancio dell’Unione europea o che non può decidere sulle emissioni di debito, ora che abbiamo creato il debito europeo. Quindi allargamento sì, ma anche approfondimento, questo significa una riforma federale dei trattati.

Sulla scia della proposta di riforma dei Trattati già lanciata dal Parlamento, c’è una prospettiva per la nuova legislatura di rilanciare il lavoro che è stato fatto dalla commissione Affari costituzionali?

Il lavoro è stato fatto, quindi, il Parlamento europeo non deve fare un altro report. Sarebbe invece utile una risoluzione del Parlamento che richiami il Consiglio europeo a rispondere alla proposta fatta dall’Eurocamera oramai quasi un anno fa, a novembre dell’anno scorso. Questo (passo) deve essere fatto perché il Consiglio europeo non si può rifiutare di tenere conto della proposta del Parlamento UE.

Vi è effettivamente questo spiraglio di richiamare il Consiglio con le maggioranze che si andranno a creare anche nella prospettiva di una crisi di leadership franco-tedesca? C’è una maggioranza abbastanza solida in Parlamento con cui poter fare pressione su questo fronte?

Io direi di sì, perché, è vero che abbiamo un Parlamento che è più a destra di quello precedente – con un rafforzamento dell’estrema destra – anche se fortunatamente non sufficiente per diventare maggioranza, nemmeno per diventare una minoranza di blocco. Allo stesso tempo si è rafforzato anche il Partito popolare europeo (PPE) che è una forza europeista. La stessa maggioranza che ha dato vita alla rielezione della presidente von der Leyen, formata da popolari, socialisti, liberali e verdi, è la stessa maggioranza che deve essere in grado di richiamare il Consiglio europeo. Inoltre, è una posizione del Parlamento europeo che non scade con la nuova Eurocamera.

Quali sono le prospettive di azione dell’UEF in questa nuova legislatura?

Noi abbiamo fatto tante iniziative – credo utili – per richiamare la Commissione europea a sostenerci, perché finora la Commissione europea era stata un po’ambigua sulla questione della riforma dei Trattati e ora è invece diventata una priorità politica.

La Commissione UE fino ad oggi non si era sbilanciata chiaramente in merito all’idea di una riforma dei Trattati. Siccome, alcuni gruppi politici, come quello liberale, hanno posto come condizione per appoggiare la nuova Commissione il suo sostegno alla riforma proposta dal Parlamento – o almeno una dimostrazione di disponibilità – questo tema è stato quindi inserito come parte delle ‘policy priorities’ della nuova Commissione.

Rimane sempre la battaglia con il Consiglio europeo. Abbiamo già inviato due lettere a Charles Michel (presidente del Consiglio europeo) il quale ci ha risposto ‘sì, non ci dimentichiamo, abbiamo iniziato la discussione nel quadro dell’agenda strategica del Consiglio europeo’. Questo va bene, ma bisogna metterlo all’ordine del giorno per una decisione.

Come UEF dobbiamo ora puntare tra qualche mese sul nuovo presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, per rilanciare questo tema.

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